La sollecitudine di Dio verso chi lo invoca
07 aprile 2015
Un giorno una parola – commento a Salmo 116, 3.4
I legami della morte mi avevano circondato, mi aveva raggiunto la disgrazia e il dolore. Ma io invocai il nome del Signore: «Signore, libera l’anima mia!»
(Salmo 116, 3.4)
Ringraziato sia Dio, che ci dà la vittoria per mezzo del nostro Signore Gesù Cristo
(I Corinzi 15, 57)
Il grido: “Signore, libera l’anima mia!”, che nasce da una situazione di turbamento e angoscia, si trova in un salmo che è un inno di ringraziamento. L’orante ringrazia il Signore perché quella supplica è stata ascoltata. Dio ha l’orecchio teso, non è sordo nei confronti di chi si rivolge a lui: questa è la certezza che dà vita a ogni nostra preghiera quando il male ci raggiunge e il suo portato di dolore sembra sopraffarci.
È una certezza che ha le sue radici nella fede – “Ho creduto perciò ho parlato” (116, 10) dice infatti il salmista – in un Dio misericordioso, pietoso e giusto. Il soccorso ricevuto si fa testimonianza pubblica della sollecitudine di Dio verso chi è afflitto ed è per questo che il salmo è nella sua interezza una fiaccola di speranza e di incoraggiamento per ogni credente che, in ogni tempo e in ogni luogo, si trovi a fare esperienza del male in ogni forma esso si presenti.