Uno scambio proficuo
27 marzo 2015
Effee: bilancio di un’«esperienza di formazione e fraternità ecumenica all’estero»
Arrivo a Chicago Union Station, fa freddissimo, e il primo a darmi un welcome caloroso è Davide Ollearo. È bello incontrare un collega felice e stimolato a riflettere sul proprio modo di essere pastore e di essere chiesa in Italia confrontandosi con diverse chiese presbiteriane (e non solo) dell’Illinois.
Ho il primo meeting ufficiale con Davide e uno dei suoi due tutor, John Thomas, ex-presidente della United Church of Christ, per confrontarci sull’esperienza di Effee (Esperienza di formazione e fraternità ecumenica all’estero).
Nei giorni seguenti riabbraccio Daniela Di Carlo, anche lei grata e contenta delle settimane passate nella chiesa presbiteriana multiculturale di Edgewater, un quartiere a nord di Chicago. La sua tutor, Barbara Cathey, mi ospita per due notti, il modo migliore per approfondire in lunghe conversazioni ciò che ha significato Effee per lei e per la sua chiesa.
Dopo le giornate freddissime fuori, ma colme di calore umano, c’è da rifare la valigia e in quattro prendiamo l’aereo che ci porta a Baltimore.
Al gruppetto dall’Italia si aggiunge un americano, il pastore presbiteriano Brian Paulson, membro del comitato della American Waldensian Society (Aws), tutor di Davide a Libertyville.
Dall’aeroporto attraversiamo in macchina la campagna del Maryland per raggiungere Hallowood, un centro comunitario della chiesa luterana, dove incontriamo Gregorio Plescan e la sua tutor Kay Huggins, pastora e presidente del Distretto delle chiese presbiteriane di Washington DC (sarà lei a guidarci durante le giornate di riflessione con grande competenza) e Jonathan Terino, arrivato da Schenectady nello Stato di New York.
Siamo gli unici ospiti del centro e facciamo le nostre riunioni intorno al camino. Abbiamo uno scambio approfondito su varie domande: Che cosa vi ha stupiti di più? Siete riusciti a raggiungere gli obiettivi che avevate sviluppato prima della partenza? Che cosa pensate possa essere «importato» in Italia? Questo soggiorno vi ha dato qualche spunto teologico nuovo?
Le risposte sono state molteplici e ciascuno dei quattro partecipanti ne parlerà nella sua chiesa e negli ambienti ecclesiali in cui si trova.
Ha colpito, ad esempio, il modo di predicare. Molti pastori americani abbandonano il pulpito e creano un rapporto più immediato, più emotivo con chi li ascolta. Ci si è resi conto quanto sia importante dare, durante i culti, maggiore peso alla musica e alla liturgia. Si è rimasti positivamente sorpresi dal forte impegno dei laici nelle chiese e dalla loro ottima formazione e cooperazione.
Vi sono stati stimoli su come collaborare maggiormente con associazioni di volontariato.
Ha convinto il metodo di elaborare degli obiettivi per le proprie attività, perché aiuta a essere più concreti.
Certo, ci sono stati anche momenti in cui i nostri quattro sono rimasti scettici e critici nei confronti di ciò che hanno sperimentato.
Dopo il nostro ritiro nel Maryland e la visita a Washington ho ancora avuto modo di visitare i contesti in cui Gregorio e Jonathan hanno vissuto la loro esperienza, due realtà molto diverse tra di loro. Quella di Gregorio, nel distretto di Washington DC, etnico e multiculturale, quella di Jonathan, a Schenectady, più legato agli eventi della chiesa locale riformata fondata dagli olandesi nel 1670.
Come coordinatrice del progetto ho incontrato anche il direttore dell’Aws, Francis Rivers, a Winston-Salem nel North Carolina per verificare insieme a lui se questa città potrà ospitare un pastore italiano nel 2016 e per fare una prima valutazione – davvero molto positiva – del nuovo programma.
Siamo fortunati di avere la possibilità di Effee e siamo molto grati all’Aws e a tutte le persone che hanno offerto la loro ospitalità, la loro esperienza, la loro passione, per creare questa esperienza preziosa di formazione e di fraternità.
God bless them! Dio li benedica. E un grazie anche alle chiese italiane che hanno permesso ai loro pastori e alla loro pastora di partecipare!