Cosa occorre sapere per vivere e morire felicemente?
23 marzo 2015
Un giorno una parola – commento a Marco 2, 17
Noi e i nostri padri abbiamo peccato, abbiamo mancato, abbiamo fatto il male
(Salmo 106, 6)
Gesù disse loro: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati»
(Marco 2, 17)
Quanto è difficile accettare di aver fatto del male! Quante scuse troviamo per giustificare il nostro agire, che sarebbe determinato dalla società, dalla cultura, da mille altre cose… da me? No, non da me!
Il primo passo verso il riconoscimento di questa realtà è vedere il male che provoco ogni giorno. Accettare la mia debolezza. Rendermi conto del peccato, della distanza profonda tra me e Dio.
Il secondo passo è la ricerca di una soluzione, una cura, che però non posso trovare in me stesso. Per questo il secondo versetto, che è tratto dal vangelo secondo Marco (2, 17), ci aiuta a proseguire nel pensiero.
Gesù disse loro: “Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati”. Se accetto di essere malato, di essere una persona che sta male perché fa del male, allora riconosco anche di avere bisogno di un medico; e l’unico che può guarire la malattia del peccato è Gesù Cristo. Lui è venuto in questo mondo per sanare, per salvare, per farsi carico del nostro peccato sulla croce e annegarlo nel profondo del mare.
Io ho bisogno di questo medico. La nostra società e il nostro mondo hanno bisogno di questo medico.
Il catechismo di Heidelberg chiede nella seconda domanda che cosa si debba sapere per poter vivere e morire felicemente. La risposta è: tre cose. Uno: quanto grande è il mio peccato. Due: come vengo redento, cioè curato da questo peccato. Tre: in che modo devo essere grato a Dio per questa redenzione.
La gratitudine verso Dio conclude il percorso. Accettazione della miseria. Redenzione dalla miseria. Gratitudine. Così si può vivere e morire felicemente.