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Indennizzo per i figli dei perseguitati razziali

Ma a oltre 70 anni dalla fine della guerra c’è ancora chi è in causa con lo Stato per ricevere gli indennizzi

Ci sono storie incredibili di ex deportati o perseguitati per questioni razziali che ancora attendono di ricevere i vitalizi dallo stato italiano. In fondo sono passati soltanto 77 anni dalla promulgazione delle leggi razziali e 72 dalla caduta del regime fascista. Ora la Corte dei Conti del Lazio ha esteso la base dei beneficiari dell’assegno di benemerenza includendo i figli dei deportati nati nell’arco temporale che va dalla promulgazione delle leggi razziali (1938) alla caduta del nazifascismo (1943). Ciò a seguito di un duplice ricorso, dopo che l’indennizzo era stato negato dal ministero delle Finanze, che gestisce la questione.

Esistono ben due commissioni parlamentari istituite nel 1955, 60 anni fa (quando l’uomo era ancora lontano dall’andare sulla luna e per dirne una l’autostrada Torino-Savona era ancora un pensiero sulla carta), per valutare se assegnare vitalizi a perseguitati politici e razziali da un lato e a vittime e familiari di campi di sterminio dall’altro. Le cause pendenti nel primo caso sono circa 500 a fronte di circa 5 mila pensioni pagate (dati entrambi che vanno assottigliandosi velocemente per ovvi motivi anagrafici), mentre per le vittime dei lager i casi pendenti sono una ventina e le pensioni erogate circa 2500. Ora arriva la notizia di questa possibilità di estensione per i figli dei perseguitati. Cambia poco se poi la burocrazia non avrà riguardo né per l’età, né per il tempo passato, impantanando tutto. A meno che l’obiettivo dello stato italiano non fosse proprio quello di portare a lenta consunzione l’elenco degli aventi diritto così da risparmiare pochi spiccioli annui per sanare le proprie vergogne passate.

Foto: porzione di "PikiWiki Israel 12495 hall of names in yad vashem" di צילום:ד"ר אבישי טייכר. Con licenza CC BY 2.5 tramite Wikimedia Common

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