La Libia, Gassman e i nuovi mostri
19 febbraio 2015
Nella disarmante pochezza del dibattito politico in Italia, emergono le voci delle chiese. Molti dubbi, pensando a Bonhoeffer
«Annamo... Occupamo... Menamo...». Nei giorni scorsi, ascoltando le prime inconsulte reazioni di certa stampa e di certo mondo politico di fronte alle tragiche notizie che vengono dalla Libia, mi è venuto in mente Vittorio Gassman nei panni dell'orrido, cinico e principesco cardinale de I nuovi mostri. Orrido e cinico, senza dubbio. Ma alla fin fine saggio perché, dopo il plateale sganassone, spiega: «Certo, io ti ho fatto violenza, ma ho forse cambiato il tuo animo? Ti ho convinto? No. Ho soltanto aumentato il tuo rancore...».
Se la bagarre mediatica assomiglia troppo, talvolta, alla galleria dei mostri di Dino Risi, purtroppo sulla questione libica e, in generale, sull'offensiva globale di Daesh (o Isis, come dir si voglia) in Africa e Medio Oriente non c'è assolutamente nulla da ridere. Il nostro provincialismo e la nostra incompetenza da Italietta fumettistica ci mette il carico da undici. E così le analisi spesso oscillano tra la sottovalutazione indifferente di un pericolo reale (qual è il nuovo terrorismo di matrice islamica) e l'esasperazione allarmistica da cittadella assediata, prossima a cadere in mano nemica. In mezzo, manca quasi totalmente lo sforzo di capire il perché dei fatti, per non parlare della riflessione sul come affrontare la crisi.
In questo barnum pressapochista che sta diventando il dibattito politico in Italia, fortunatamente si distinguono gli interventi delle chiese, sia protestanti che cattolica. Mi vengono in mente, per restare alla Chiesa di Roma, le prese di posizione di papa Francesco sul commercio delle armi (con cui l'Isis sta conducendo la sua offensiva) e la testimonianza coraggiosa del vescovo di Tripoli, monsignor Giovanni Martinelli. Alle comunità cristiane, insomma, è da tempo chiaro che si combatte l'estremismo dell'Isis soltanto con il dialogo (con il resto del mondo islamico, che è la stragrande maggioranza), l'accoglienza (dei migranti), la costruzione di ponti di pace e di fraternità.
Resta, però, una questione spinosissima, per i credenti che hanno fatto la scelta della nonviolenza evangelica: la situazione, in certe aree come la Libia, è ormai a tal punto deteriorata che pochi credono sufficiente la sola azione politica e diplomatica per fermare la follia di Daesh. Che cosa possiamo dire, come cristiani, di fronte alla quasi ineluttabilità di un'azione di forza? Da vecchio obiettore di coscienza, sono perplesso e combattuto. Mi viene in mente, però, l'esempio di Dietrich Bonhoeffer, sostenitore delle idee gandhiane, che – posto di fronte all'orrore del nazismo – non esitò a partecipare al complotto per uccidere Hitler. La fedeltà a Dio e alla storia, d'altronde, non è mai stata una passeggiata di salute.