Fast food America
28 gennaio 2015
Il mondo visto dal bus 147. Continuano le testimonianze del progetto Effee, il programma di formazione e fraternità ecumenica all’estero
Due delle tante strade parallele che attraversano Chicago: N. Sheridan Road e Broadway. La prima la si può conoscere prendendo il bus 147 la seconda il 36. Due mondi totalmente diversi a pochi passi di distanza. Se si prende il 147 si possono vedere signore vestite di tutto punto con un sacchetto della spesa del nostro ristorante Eataly mezzo vuoto ma con qualcosa di prezioso dentro. Oppure ragazze e ragazzi che tornano dalla Michigan Ave, famosa per i negozi griffati al punto da essere soprannominata “Magnificent Mile”, il Magnifico Miglio pieno di luci, di centri commerciali, di brand molto cari. Anche loro hanno sulle ginocchia piccole buste belle, spesso di carta, colorate, riconoscibili dal nome o dal logo della o dello stilista che rappresentano. Sul 147 non si parla ad alta voce, anzi non si parla affatto. Ogni persona è impegnata a lavorare o a giocare con il proprio cellulare o tablet oppure a leggere sul proprio libro elettronico. Non ci sono giornali sul 147, forse perché le pagine farebbero troppo rumore, forse perché potrebbero essere abbandonati e sporcare. Il bus è veloce, in poco tempo si passa dal quartiere residenziale a quello commerciale senza nessuna fermata sul lungo lago.
Sul 36 le buste sono di plastica e riportano il nome dei discount dove la gente si è affrettata a comprare cibo a basso costo e in grandi quantità. Sono buste pesanti per essere portate in grembo quindi sono appoggiate a terra. Si parla ad alta voce sul 36, anzi a volte si urla perché chi ti siede vicino può essere ubriaco e quando si addormenta ti cade letteralmente addosso. Sul 36 salgono quasi solo neri o ispanici o vietnamiti. Ognuno parla la propria lingua, ognuno parla un inglese diverso dall'altro. In comune hanno però la disperazione e spesso un disordine alimentare che si manifesta con l'obesità. Fare colazione in un fast food con patate, uova strapazzate, pancetta, due fette di pane imburrato e caffè a volontà costa 3,75 dollari. Fare colazione con caffè e brioche da Starbucks costa 5,95 dollari. Pranzare con un 1 kg di pollo fritto è possibile con meno di 5 dollari, ma un piatto di riso integrale con verdure non costa meno di 11 in un self service dalla parvenza salutare. Sulla Broadway, la strada che percorre il 36, c'è un fast food dopo l'altro che ti offre “cibo da conforto”, come dicono qui, da mangiare senza aspettare, spesso in solitudine e di nascosto dagli altri. Un cibo che accompagna la delusione di un lavoro frustrante o la difficoltà di pagare la prossima bolletta.
Questi mondi così diversi che viaggiano su strade parallele, che non comunicano fra loro, hanno in comune solo una cosa: entrambi abitano le preghiere di Dio che guarda con preoccupazione gli uni e le altre nella speranza che prima o poi possano parlare tra loro e aiutarsi a vicenda.