Benigni ha restituito i comandamenti alla loro evangelicità
17 dicembre 2014
Per il teologo valdese Paolo Ricca le due serate televisive sono state una vera e propria «evangelizzazione»
Grande successo di pubblico per le due serate televisive di Roberto Benigni sui dieci comandamenti (Rai Uno, 15 e 16 dicembre). Abbiamo chiesto una valutazione del «doppio monologo» del comico al prof. Paolo Ricca, pastore e teologo valdese, citato da Benigni nella prima serata come una delle fonti di ispirazione del suo lavoro.
«La valutazione è assolutamente positiva, perché Benigni è riuscito a mettere in luce i contenuti evangelici dei comandamenti. È riuscito nell’impresa più ardua - ma anche più benefica e benedetta - che è quella di far capire che i comandamenti sono un “evangelo”, una buona notizia per l’umanità e per ogni singola persona. Questo lo si riesce a fare soltanto scavando nei comandamenti come ha fatto lui, restituendoli nella loro “evangelicità”. Quindi secondo me queste due puntate sono state una vera e propria evangelizzazione. Non so se questa parola piacerebbe a Benigni, ma per come le ho vissute io, questo è il fatto. È veramente un’opera straordinaria: nessun altro avrebbe potuto fare qualcosa del genere, soltanto Benigni poteva farlo e l’ha fatto in maniera assolutamente egregia. Non avrei praticamente nulla da osservare, nessun rilievo critico sostanziale. L’impresa è perfettamente riuscita e c’è soltanto da essere grati a Dio che evidentemente lo ha utilizzato per far conoscere la sua Parola a milioni di italiani. Nessun teologo, nessun pastore, nessun vescovo e nessun papa avrebbe potuto farlo come lo ha fatto lui».
Soprattutto in un’Italia che la Bibbia la conosce decisamente poco…
«Sì, e i comandamenti poi li conosce pochissimo; e se li conosce è in quella forma purtroppo “manomessa” dalla tradizione cattolica: come il comandamento del riposo, che è diventato “santificare le feste”, o il “non commettere adulterio” che è diventato “non commettere atti impuri”. Benigni ha fatto giustizia di tutte queste manomissioni, come anche del fatto di aver diviso l’ultimo comandamento in due per far tornare il numero 10: anche in questo caso ha detto, giustamente, che i due comandamenti vanno considerati insieme perché sono nati insieme. Se li dividi dai al significato del desiderare la donna una connotazione di tipo erotico-sessuale che non c’è affatto nel comandamento, il cui intento è quello di tutelare la proprietà (come sappiamo allora la donna era proprietà del marito; naturalmente la cosa non è più accettabile oggi, ma quello era il senso del comandamento). Benigni ha fatto giustizia di tutte queste manomissioni, e di questo bisogna essergli enormemente grati. E come ha saputo spiegare Dio, il suo nome, l’abuso del nome divino, il non farsi immagine alcuna, che cos’è l’idolo: tutti discorsi che naturalmente cerchiamo di fare anche noi, nel nostro piccolo, ma che da un pulpito di quel genere hanno effettivamente non solo affascinato ma, ripeto, evangelizzato molti italiani».
Lei è stato consulente di Benigni, insieme ad altri...
«Non si è trattato di una vera e propria consulenza, ma di un aiuto indiretto, attraverso il libro che ho scritto sui dieci comandamenti, trasposizione letteraria di dodici puntate fatte con Gabriella Caramore a “Uomini e profeti” (Radio Rai 3) ormai quasi vent’anni fa. Il libro era esaurito e Benigni ha chiesto la mia copia, l’ultima che mi è rimasta» (ora il libro è stato ristampato, ed. Morcelliana, ndr).
Nelle ultime settimane vi siete comunque visti alcune volte.
«Sì, siamo diventati amici. Ha letto il libro con il giornalista Franco Marcoaldi, co-autore dei testi, e evidentemente lo hanno “digerito”: molte cose che sono emerse nelle due puntate si possono trovare anche nel libro. Sono felice di questo, ma soprattutto del fatto che dei comandamenti spiegati in questa maniera ci si poteva veramente innamorare. Questa è la cosa più bella: quando riesci a far innamorare la gente della Parola di Dio, e in particolare dei comandamenti di Dio togliendo tutto quella che ci poteva essere di legalistico, di impositivo. È l’evangelo dei comandamenti, quello che è venuto fuori. Si poteva capire che questi comandamenti sono una benedizione, un aiuto, qualcosa che fa bene all’umanità, che una comunità umana che cerca di vivere secondo questi comandamenti è effettivamente benedetta. La cosa più bella è capire che la Parola di Dio non è una catena, ma ti apre le piste della libertà e dell’amore. Le due coordinate di queste due puntate erano appunto libertà e amore: e sono le due parole che avevamo messo nel sottotitolo del libro, intitolato appunto “Le dieci parole di Dio – le tavole della libertà e dell’amore”. Dio come liberatore (prima ancora che come creatore), Dio che è amore e il suo comandamento, in fin dei conti, è quello dell’amore. Infatti Benigni ha chiuso con il comandamento dell’amore, e questa era anche la conclusione del libro, dedicata al “sommario” della legge che è appunto il doppio comandamento dell’amore».