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L’Ospedale evangelico internazionale di Genova, una struttura dalla parte delle donne

Corso di formazione sulla tutela ed assistenza alle donne vittime di violenza. Ne parliamo con la presidente dell’Oei, Barbara Oliveri Caviglia

Ieri, 27 novembre 2014, l’Ospedale evangelico internazionale (Oei) di Genova ha promosso la seconda parte del corso di formazione «Dalla parte delle donne: tutela ed assistenza nei casi di violenza. Aspetti clinici, psicologici e medico legali». Il corso, patrocinato dalla Regione Liguria, ha visto la partecipazione di operatori sanitari e non, di esponenti delle istituzioni regionali, delle forze dell’ordine e del campo giurisprudenziale. «Una presenza numerosa e di altissimo livello – evidenzia con soddisfazione la presidente dell’Oei, Barbara Oliveri Caviglia –. Sono intervenuti, infatti, il questore di Genova e anche il procuratore capo del tribunale di Genova. Inoltre, per la prima volta hanno partecipato anche i rappresentanti dei centri antiviolenza».

Il corso, prosecuzione di quello del 2013, ha offerto alla riflessione dei presenti un altro tassello: «Accoglienza, sensibilizzazione, contrasto: è ruolo sanitario», è stato il sottotitolo dell’incontro. «Riteniamo che le tre parole facciamo parte del compito dell’assistenza che deve offrire una struttura ospedaliera. In particolar modo l’Oei si è sempre contraddistinto per l’ascolto, l’accoglienza e l’accompagnamento offerti alle persone ricoverate; questo vale ancor più se parliamo di donne vittime di violenza», prosegue la Oliveri Caviglia.

In linea generale le relazioni ascoltate hanno evidenziato che, rispetto all’aumento dei casi di violenza contro le donne, si registra un aumento delle denunce. «Questo nasce senz’altro da una maggiore fiducia nelle istituzioni. Ieri abbiamo sentito parlare di inasprimenti delle pene che sicuramente incoraggiano le donne sottoposte a violenza e abusi a denunciare i persecutori. Inoltre, se si registra questo dato è anche perché tutta la rete di sostegno e tutela sta cominciando a funzionare. L’elemento più importante emerso ieri è che il corso è stato un’occasione d’incontro e confronto della rete di tutte le associazioni e istituzioni che finalmente usa un linguaggio comune e percorre una strada condivisa».

Nel lavoro di rete ognuno svolge il proprio compito. «In particolare, noi accompagniamo le donne a fare il primo passo. Grazie al progetto chiamato “Finestra rosa”, finanziato dall’Otto per mille della Chiesa valdese, nei due presidi di Castelletto e di Voltri abbiamo due psicologhe che offrono un accompagnamento delle pazienti che hanno bisogno di un supporto in caso di violenza fisica o psicologica. Inoltre, il progetto prevede corsi di formazione anche per le operatrici e gli operatori dell’ospedale che si trovano a contatto con donne che hanno subito una qualche forma di sopraffazione. Obiettivo del progetto, dunque, è far emergere il sommerso, cercando di invogliare le donne ricoverate, che hanno subito violenza, ad aprirsi e a cominciare un percorso di affidamento ai servizi preposti».

Si tratta di una scelta di campo chiara dell’Oei a favore della cura e dell’assistenza alle donne vittime di violenza. È la stessa Oliveri Caviglia che ne ribadisce le motivazioni. «Tale impegno è testimonianza tangibile alla cittadinanza del nostro modo evangelico di concepire la sanità, soprattutto in un periodo di crisi in cui sono ridotte drasticamente tutte le risorse a disposizione degli ospedali. Inoltre, come donna e come presidente di un’opera evangelica credo fermamente nell’impegno concreto a contrastare tutte le forme di violenza contro le donne. Ovviamente ringrazio i medici e la direzione dell’Ospedale che hanno trovato il modo di tradurre queste mie idee in realtà operative».

In questo contesto va letta anche l’adesione dell’Oei alla campagna “Postoccupato”. Condividendo le indicazioni della Federazione delle donne evangeliche in Italia, dal 24 al 30 novembre - in concomitanza della giornata mondiale contro la violenza alle donne - presso i due presidi di Castelletto e di Voltri sono esposte su una sedia le locandine di “Postoccupato” con un foulard rosso, per simboleggiare un’assenza e contestualmente riservare un “posto” in memoria delle donne vittime di ogni forma di violenza.

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