Le tensioni di Roma e la responsabilità della politica
12 novembre 2014
Gli scontri di Roma visti dai volontari del Medu (Medici per i diritti umani)
Da lunedì nel quartiere Tor Sapienza, a Roma, si sono verificate violenze, proteste e manifestazioni di alcuni cittadini contro un centro di accoglienza per migranti. Ci sono state sassaiole, cassonetti e auto incendiate, feriti. Nell’ultimo periodo sono anche altri gli episodi di intolleranza a cui abbiamo assistito, spesso alimentati dalla propaganda politica e a volte stimolati dalla stessa. Medu, Medici per i Diritti Umani, ha pubblicato un rapporto nel quale raccoglie diverse testimonianze di profughi e rifugiati politici che ha curato per le vie di Roma, che ci fornisce un interessante punto di vista sulle condizioni umane e sanitarie delle persone che cercano di raggiungere altri paesi d’Europa. Le testimonianze sono state raccolte durante le cure che il “Camper per i diritti”, una clinica mobile, svolge nella città.
Alberto Barbieri, coordinatore generale di Medu ha parlato con noi di queste notizie.
"Guerriglia a Tor Sapienza" e proteste anti-immigrati, che ne pensa?
«Tor Sapienza è vicina ad una delle nostre aree di intervento: sicuramente un quartiere molto disagiato, con moltissimi problemi sociali. Le tensioni per la convivenza tra cittadini e migranti che vengono accolti dei centri di accoglienza va avanti da qualche settimana. Crediamo che ci sia una grande responsabilità delle forze politiche e dei commentatori, che a proposito del discorso migrazione hanno cavalcato informazioni e punti di vista strumentali, dando anche notizie fuorvianti, come nel caso dell’ebola portata dai migranti. Il discorso pubblico sull’arrivo dei migranti quest’anno è stato articolatamente fuorviante, e sono temi che diventano oggetto di propaganda politica e alimentano le tensioni. Spesso l’informazione che si fa è nociva. Dopodiché c’è un problema complessivo di accoglienza di questi profughi, persone che non hanno scelto di andare via dai loro paesi, ma che fuggono da situazioni drammatiche, affrontando viaggi pericolosissimi e subendo violenze e torture, secondo le testimonianze che abbiamo raccolto. L’accoglienza deve essere data in maniera adeguata, come chiede anche la Convenzione di Ginevra, ma questo non sempre avviene».
Il rapporto di Medu appena uscito viene dal lavoro della clinica mobile. Come funziona il vostro intervento?
«Da diversi anni a Roma abbiamo il progetto del "Camper per i diritti" che fornisce assistenza sanitaria e orientamento socio-sanitario alle persone che vivono sulla strada. Negli ultimi anni, sempre più queste persone sono rifugiati. Dopo aver ottenuto la protezione internazionale, non potendo usufruire di un sistema di accoglienza adeguato, finiscono sulla strada, diventano homeless; parliamo di persone tra i 20 e i 30 anni. L’intervento del camper quest’anno si è concentrato nel dare assistenza ai migranti appena sbarcati in Sicilia che poi transitavano per la città di Roma, per lo più profughi eritrei. Le storie che abbiamo raccolto dai nostri pazienti sono storie di violenza indicibile, violenza subita nei paesi d’origine e nei paesi di transito, dove sono spesso in balia dei trafficanti. In città abbiamo lavorato in una baraccopoli, in un edificio occupato sul territorio di Roma dove queste persone vivono da anni in condizioni igienico-sanitarie critiche. Cosa che a Milano, per esempio, non è avvenuta, perché il comune è intervenuto. Abbiamo ben evidente il limite di questo intervento: andiamo lì, curiamo, ma se poi non ci sono letti, bagni e le condizioni sono precarie. Occorre approntare delle forme di accoglienza per questi profughi, che la maggior parte delle volte sono solo in transito».
Il vostro rapporto parla di "sommersi e salvati", due categorie che spesso attribuiamo ai viaggi del mare. Cosa pensate della fine dell'operazione Mare Nostrum?
«Manifestiamo una fortissima preoccupazione per la fine di Mare Nostrum, perché è evidente che l’operazione Triton di Frontex non è in grado di sostituirne l’efficacia. Il budget a disposizione è di un terzo, soprattutto l’area di intervento è circoscritta alle 30 miglia dalle coste italiane, mentre i mezzi di Mare Nostrum intervenivano nelle acque internazionali per salvare i profughi. Triton è nata per controllare i confini europei, non per salvare le persone, come ha annunciato lo stesso direttore di Frontex. Con queste premesse dovremo aspettarci nuove tragedie del mare».