Si è aperta l’Assemblea 2014 delle chiese battiste in Italia
30 ottobre 2014
I lavori assembleari entreranno nel vivo nel pomeriggio con la discussione sull’operato svolto dal Comitato Esecutivo dell’Ucebi nel biennio trascorso
«Ecco quant’è buono e quant’è piacevole che i fratelli e le sorelle vivano insieme! (…) È come la rugiada dell’Ermon, che scende sui monti di Sion»… è come il pane impastato e condiviso insieme; è come l’arcobaleno i cui colori sono distinti, ma stanno armoniosamente uniti; è come tornare a casa dopo un lungo viaggio; è come il profumo della primavera. Con le immagini del Salmo 133 (a cui si sono aggiunte quelle dei credenti di oggi), che racconta la gioia di stare insieme e di essere comunità orante e agente di fronte a Dio, si è aperta oggi a Chianciano Terme (Siena) la 43a Assemblea generale dell’Unione cristiana evangelica battista d’Italia (Ucebi), l’organismo che collega le chiese battiste italiane. Partecipano ai lavori, che si concluderanno domenica 2 novembre, 176 persone tra delegati/e delle chiese, pastori/e, ospiti, asservatori/trici e staff.
Al culto di apertura, arricchito dal canto comunitario, il pastore Raffaele Volpe, presidente dell’Ucebi, ha predicato sul testo di I Corinzi 1, 4-9, da cui è stato tratto anche il motto dell’assemblea: «Fedele è Dio». Rievocando una pagina scritta nel 1914 dal pastore Lodovico Paschetto sul Testimonio, nella quale si invitava i battisti italiani di allora a non rimanere paralizzati dal pensiero di quel che mancava loro, ma di ringraziare Dio per i doni ricevuti dal valore inestimabile, Volpe ha detto: «Oggi voglio ringraziare Dio per la nostra Unione, per le nostre chiese, per i doni che ci ha dato. Oggi io voglio ringraziare Dio per la sua fedeltà verso di noi, che non meritiamo». Una fedeltà che trova il suo apice in Cristo, morto sulla croce che è il luogo dove l’essere umano ha dato il peggio di sé, uccidendo un innocente, e dove Dio ha dato il meglio di sé, morendo per la salvezza del mondo.
Dalla fedeltà assoluta di Dio che si è fatta carne in Cristo nasce il germoglio della nostra fedeltà, umana, fragile, ferita, ma anche vigorosa, coraggiosa. La fedeltà dunque di Dio è confermata dalla testimonianza dei credenti. Come in un gioco di specchi, Dio affida alla chiesa, e ai discepoli e alle discepole di Gesù Cristo il compito di rispecchiare al mondo la Sua grazia. «Noi non siamo altro che uno specchio», ha affermato Volpe, «Ma che specchio siamo? Uno specchio opaco o limpido, distorcente oppure fedele. Che immagine riflettiamo: siamo chiese brontolone, ripiegate su se stesse, oppure chiese aperte, pluraliste, piene di differenze che scommettono sul futuro? Lucidiamo il nostro specchio, mettiamo da parte immagini opache e distorte che offuscano la testimonianza di Cristo, e diventiamo luminose conferme della fedeltà di Dio».
È seguito il ricordo dei pastori e dei collaboratori/trici deceduti e la presentazione di una nuova candidata al pastorato. Giovanni Arcidiacono, vicepresidente dell’Ucebi, ha introdotto Ioana Niculina Ghilvaciu, 41 anni nata a Baia Mare (Romania), che ha cominciato il suo periodo di prova presso le chiese di Floridia e Siracusa. L’Assemblea poi, costituitasi ufficialmente, ha eletto il seggio, composto dalla pastora Lidia Maggi, presidente, dal pastore Luca Maria Negro, vicepresidente, e da Susanna Chiarenzi, segretaria agli atti.
I lavori assembleari entreranno nel vivo nel pomeriggio con la discussione sull’operato svolto dal Comitato Esecutivo dell’Ucebi nel biennio trascorso. Nella serata di mercoledì 29 ottobre, si è tenuta la seconda edizione della «Pre-assemblea Ucebi» a cura della Federazione giovanile evangelica italiana. L’evento, inserito durante la sera che precede l’inizio dei lavori dell’Assemblea battista, si figura come un momento importante di crescita, riflessione. In particolare, Stefano Bertuzzi, segretario della Fgei, insieme ad altri giovani fgeini/e presenti, hanno coinvolto i partecipanti in un’animazione sull’episodio evangelico di Gesù sulla via per Emmaus (Luca 24, 13-35). Come i discepoli sulla via di Emmaus anche noi possiamo essere «resi ciechi» dai dispiaceri, dalle difficoltà della vita al punto di non accorgerci che il Signore è vicino a noi. Ma essa è una presenza che ci trasforma e che arricchisce la nostra esistenza e che ci insegna a riconoscere nell’altro, che è stato messo sul nostro cammino dal Signore, il volto di Dio.