Io sono il Primo e l’Ultimo
24 ottobre 2014
Un giorno una parola – commento a Apocalisse 3, 11
Tenetevi stretti al Signore, che è il vostro Dio, come avete fatto fino a oggi.
(Giosuè 23, 8)
Cristo dice: «Io vengo presto; tieni fermamente quello che hai, perché nessuno ti tolga la tua corona».
(Apocalisse 3, 11)
Il Cristo si presenta alla chiesa di Filadelfia con due titoli: Io sono il Primo e l’Ultimo, (prótos e éschaton sono le parole greche adoperate). Qui troviamo un’indicazione fondamentale della centralità del Cristo. Il Logos divino è la prima parola articolata fuori dal tempo: nel principio (en arché). Primo e ultimo riferiti al Cristo non fanno riferimento al dominio del tempo sulle opere del creato, è un principio prima del tempo, un principio in Dio stesso che è presupposto della creazione attraverso la prima parola che è articolazione dello stesso Dio, genesi divina e non creazione.
Il principio è il punto Alfa, il luogo esistenziale dove inizia il proposito divino. Il punto finale, ci rivela Giovanni, il punto Omega, è lo stesso del punto Alfa; Cristo è anche l’eschaton divino: la fine, la conclusione. Tutto è nato dalla parola e tutto procede nel tempo verso quella stessa parola. Noi chiamiamo escatologia (da eschaton, fine) la parte della teologia che si occupa delle «ultime cose». Ma l’Ultimo è il Primo e la fine è l’inizio. È un errore immaginare la Fine come cose o eventi che accadono. L’ultimità non sono cose né eventi ma una persona. La speranza cristiana si attende dalla fine non altro che il ritorno del Signore che da ora ci trascina verso il futuro che è Egli stesso. Questa è l’architettura vera del nostro desiderio, la forma della speranza. Filadelfia è una chiesa alla quale non va rivolta nessuna accusa né rimprovero. Sarà provata per dieci giorni, il che qui significa che la prova avrà un limite e sarà sopportabile, che non supererà la loro capacità umana di resistenza fisica o spirituale. Tra il principio e la fine della loro speranza si erge questo territorio della “dura prova”, i dieci giorni del silenzio di Dio, dell’assenza e oscuramento della provvidenza quando dovranno fare da soli. La fedeltà fino alla morte è richiesta per questo periodo transitorio, i dieci giorni dell’umano vivere, come un’esortazione contenente una promessa, la corona della vita.