La novità di Dio
13 ottobre 2014
Un giorno una parola – commento a Isaia 43, 18-19
Non ricordate più le cose passate, non considerate più le cose antiche: Ecco, io sto per fare una cosa nuova; essa sta per germogliare; non la riconoscerete?
(Isaia 43,18-19)
Giovanni, avendo nella prigione udito parlare delle opere del Cristo, mandò a dirgli per mezzo dei suoi discepoli: «Sei tu colui che deve venire, o dobbiamo aspettare un altro?». Gesù rispose loro: «Andate a riferire a Giovanni quello che udite e vedete: i ciechi recuperano la vista e gli zoppi camminano; i lebbrosi sono purificati e i sordi odono; i morti risuscitano e il vangelo è annunciato ai poveri».
(Matteo 11, 2-5)
È brutto non aspettarsi più niente dalla vita. Vivere solo del passato. Ciò che rende attiva la vita è l’attesa di novità. La tecnologia, con i suoi nuovi prodotti, sembra avere il primato nel rispondere a questa attesa. I nuovi prodotti, se qualche volta possiamo permetterceli o ci vengono regalati, colmano un’attesa e danno soddisfazione; che però in genere è di breve durata. La soddisfazione continua nel tempo solo se, attraverso i prodotti, la vita si arricchisce effettivamente di nuove possibilità. La vera novità non consiste nei prodotti, ma negli stimoli di cui la nostra vita ha bisogno per non restare bloccata; gli stimoli vitali non sono mai di natura tecnica, sono sempre di natura personale.
Dio ci dice: «Non rinchiudetevi nelle esperienze fatte; io sto per fare una cosa nuova». Suscita la nostra attesa di novità, ma nello stesso tempo ci invita ad aspettarla da lui. La novità di Dio germoglia come una pianta a primavera, senza l’intervento dell’essere umano, che può solo osservare con meraviglia ciò che sta nascendo.
Ma non è già nota, questa novità? Non è la risurrezione di Cristo? Certo, ma, quando la menzioniamo nel Credo, rischiamo di metterla tra le cose passate («risuscitò»). Essa invece continua a essere anche per noi la grande novità, tutta da scoprire, da cui scaturiscono nella vita attuale effetti meravigliosi.