La Parola di vita
03 settembre 2014
Un giorno una parola – Commento a Giovanni 6, 66-68
Tu sei il mio Signore; non ho bene alcuno all’infuori di te
(Salmo 16, 2)
Da allora molti dei suoi discepoli si tirarono indietro e non andavano più con lui. Perciò Gesù disse ai dodici: “Non volete andarvene anche voi?”. Simon Pietro gli rispose: “Signore, da chi andremmo noi? Tu hai parole di vita eterna”
(Giovanni 6, 66-68)
Momento di crisi nel gruppo dei discepoli (che appare qui più numeroso dei tradizionali 12!) provocato dal discorso sul pane della vita e, in particolare, sulla parola di Gesù: «… il pane che io darò è la mia carne che darò per la vita del mondo» (Gv. 6, 51). Chiara allusione alla sua morte. Dunque, si può essere discepoli, seguire Gesù, ascoltarne le parole, vederne i segni straordinari, “miracolosi” e poi, però, voltargli le spalle e andarsene per un’altra strada. Qual è l’elemento del rifiuto? La morte del maestro Gesù, lo scandalo della croce che qui viene adombrato. Un Cristo glorioso è più facile da seguire; un Cristo sconfitto molto meno.
Un primo pensiero potrebbe essere che quand’anche avessimo la possibilità di vedere Gesù in carne ed ossa ed incontrarlo sul nostro cammino, non è detto che in tal caso crederemmo in lui senza se e senza ma.
Il secondo pensiero è dato dalla confessione che Pietro fa anche a nome degli altri: «… Tu hai parole di vita eterna». Come a dire che non è la “carne” che giova alla fede, ma la “parola”.
L’incontro con Gesù avviene oggi per noi nella sua Parola letta, ascoltata, predicata, vissuta, trasmessa di generazione in generazione. Da essa e soltanto da essa la nostra vita trae significato e una linfa vitale che dura e non si consuma.