«Era necessario che Gesù morisse?». La giornata Miegge alle radici della fede
13 agosto 2014
La scelta di quest’anno, già dal titolo, mostra un orientamento teologicamente fondamentale: «Era necessario che Gesù morisse? Domande sul significato del sacrificio vicario».
Ogni anno, il venerdì precedente l’apertura del Sinodo delle Chiese valdesi e metodiste, a Torre Pellice assistiamo ad un evento culturalmente molto significativo, la giornata teologica Miegge, luogo prezioso di discussione e confronto. Le giornate degli ultimi anni sono state forse più sbilanciate sull’attualità politica e sociale che non sulla teologia, tese, come sono state, al tentativo di attualizzare il dibattito teologico e di legarlo a tematiche cogenti. Ma d’altra parte, è anche un altro il compito della giornata: generare una riflessione teologica su questioni antiche e tentare risposte alle domande che oggi un cristiano è chiamato a darsi e a dare sulla fede.
La scelta di quest’anno, già dal titolo, mostra un orientamento teologicamente fondamentale: «Era necessario che Gesù morisse? Domande sul significato del sacrificio vicario». Certo, è sempre stato chiaro che la giornata fosse, al di là del suo impatto culturale (apertura, cioè, al mondo non necessariamente legato alle chiese), uno strumento prezioso per la formazione di pastore, pastori e membri di chiesa. L’anno scorso, durante la riflessione sulla scelta del tema da proporre per quest’anno, qualcuno fece notare quanto fosse importante che la giornata Miegge tornasse teologica stricto sensu, occasione per discutere appunto di temi ritenuti centrali per la fede evangelica, per attualizzarli, attraverso un dibattito aperto. La risposta a questa proposta si è espressa attraverso una scelta coraggiosa: la discussione di un tema teologico che apparentemente ha l’aria di essere un po’ troppo accademico, ma che è invece talmente essenziale da delineare l’opzione fondamentale della fede riformata. Perché? Forse perché frasi enigmatiche come questa di Paolo in Romani 3,25-26
«Dio lo [Gesù] ha prestabilito come sacrificio propiziatorio mediante la fede nel suo sangue, per dimostrare la sua giustizia, avendo usato tolleranza verso i peccati commessi in passato, al tempo della sua divina pazienza; e per dimostrare la sua giustizia nel tempo presente affinché egli sia giusto e giustifichi colui che ha fede in Gesù»
deve trovare un significato per il credente di oggi; così come lo devono i dibattuti (questo sì – forse – a livello accademico) versetti della lettera di Paolo ai Galati in cui si parla della fede di Cristo e non in Cristo.
Gli interventi dei tre relatori scandiranno il tempo della giornata nel tentativo di presentare, secondo tre ambiti differenti di ricerca, la questione della morte di Gesù e del suo significato: inizierà Daniele Garrone, professore di Antico Testamento alla Facoltà Valdese di Teologia, scandagliando il fondo biblico della questione con un intervento dal titolo «“Di chi dice questo il profeta” (Atti 8,34); il servitore sofferente del Signore nel conflitto delle interpretazioni»; continuerà Fulvio Ferrario, professore di Teologia Sistematica nella stessa Facoltà, il quale affronterà il tema teologico di «Sacrificio ed espiazione. Sul significato evangelico di metafore antiche» e concluderà la serie d’interventi Rosanna Ciappa, già docente di Storia del Cristianesimo alla Federico II di Napoli con una relazione dal titolo «Giustificazione e cristologia dell’espiazione nel Catechismo di Heidelberg».
Insomma, con la giornata Miegge di quest’anno, ci si può davvero aspettare che una questione così importante (e difficile) per la fede dei credenti, raggiunga il dibattito “largo”. Questo mi sembra necessario ed urgente innanzitutto perché discutere i luoghi difficili della Scrittura e della teologia non deve essere più percepito come un compito astratto, esclusivo di pochi intellettuali, dipinti o creduti sempre un po’ troppo distanti dalla realtà. In secondo luogo, discutere di questo tema ricentra le questioni ad esso strettamente collegate e, oserei dire, “identitarie” dei cristiani riformati: la grazia, la giustificazione, l’esclusiva iniziativa divina nella fede. Infine, è essenziale che le chiese abbiano sempre più luoghi in cui (tentare di) trovare delle risposte proprio alle questioni centrali che la Scrittura pone da sempre ai credenti. Perché solo in queste questioni essenziali si mantiene aperta la tensione di una fede consapevole.
Credit Immagine: "G miegge". Con licenza CC BY-SA 3.0 tramite Wikimedia Commons.